Romanzo di Albert Camus, scritto nel 1947. L'autore, immaginando che un'epidemia
di peste si sia abbattuta sulla città di Orano, in Algeria, ci fa
assistere all'evoluzione drammatica del flagello attraverso il diario del dottor
Rieux. L'epidemia si diffonde senza tregua e colpisce tutti, senza distinzione
alcuna, assediando la città. I suoi abitanti, isolati dal resto del
mondo, ora si arrendono, ora resistono, ora fuggono, ora continuano a vivere
nella paura e nella speranza, nella solidarietà o nello sciacallaggio,
finché, dopo nove mesi circa, l'epidemia cessa e la città torna a
vivere nella sua incoscienza come se nulla fosse accaduto. È un racconto
surreale, dove, tuttavia, la peste simbolizza l'esistenza del male fisico e
morale, l'occupazione tedesca e i campi di concentramento, la bomba atomica e le
prospettive di una terza guerra mondiale. Il racconto si situa su diversi piani:
è prima di tutto la cronaca dell'epidemia, poi il racconto di uno
psicologo e di un moralista che analizza le reazioni individuali e collettive.
Il dottor Rieux, avversario accanito della peste, è l'interprete delle
idee dell'autore; al termine dell'epidemia invita a non dimenticare e a rimanere
vigili, perché il morbo della peste non è estinto.